Pochi sanno che la frazione del Testaccio dal 1806 al 1879 è stata il settimo comune dell’isola d’Ischia, come pure pochi sanno che i borghi marinari di Ischia non sono soltanto Sant’Angelo e Ischia Ponte.
Testaccio, proprio come la vicina Sant’Angelo e il “Borgo di Celsa“ (Ischia Ponte), è stata una piccola enclave di pescatori, con la possibilità ulteriore di poter coltivare (principalmente a vite) i dolci declivi del Monte Cotto, la collina dalla cui sommità si gode di uno dei panorami più belli dell’isola d’Ischia.
Non solo. Per circa due secoli l’unico accesso alla spiaggia dei Maronti è stato il pendio fatto costruire dal vicerè di Palermo Giorgio Corafà, uno degli ospiti illustri del borgo. Corafà aveva necessità di recarsi più agevolmente alle acque “miracolose” di Olmitello e Cavascura e volle condividere assieme ai locali questo privilegio.
Prima di lui a Testaccio c’era stato un altro “Giorgio”, il famosissimo vescovo irlandese George Berkeley tra i padri, insieme a Locke e Hume, dell’empirismo anglosassone, la corrente filosofica che ha fatto da “apripista” al pensiero positivista e al metodo scientifico come ancora oggi lo conosciamo.
Il 1 settembre 1717, proprio da Testaccio, Berkeley scrive a Lord Percival, amico e principale divulgatore delle sue tesi filosofiche presso i circoli culturali inglesi. Le parole del vescovo inglese sono riferite all’isola d’Ischia, ma valgono a maggior ragione per il borgo in cui Egli si trovava a scriverle:
“Vostra Signoria conosce bene altre parti d’Italia, ma forse ignora l’isola d’Inarime (ora comunemente detta Ischia). Rimane a circa sei leghe dalla città di Napoli, a sud-ovest: ha un perimetro di quasi diciotto miglia, conta sedicimila anime, l’aria è temperata e salubre, la terra estremamente fertile. Mele, pere, susine, ciliege […] albicocche, pesche, mandorle, fichi, melograni e tanti altri frutti che non hanno un nome inglese, insieme alle viti, al frumento e al granturco ricoprono quasi l’intera isola. La frutta, che è ovunque alla portata di tutti, senza recinzioni, dà così alla campagna l’aspetto di un enorme frutteto. Solo alcuni punti sono coperti da castagneti e altri boschetti di mirto. Non c’è nulla di più favoloso delle forze della natura. Montagne, colline, valli, piccoli campi pianeggianti, tutti fusi insieme in varietà selvaggia e stupenda. Le colline, quasi tutte, hanno le cime ricoperte di viti. Può credere che le viti sono eccezionalmente numerose nell’isola se Le assicuro che non si producono meno di sessantamila hogsheads (botti) di vino l’anno in un luogo così piccolo”.
(tratto da Viaggiatori ad Ischia, Appunti di viaggio di Berkeley, Valentino Editore, 2005)
E, quasi fosse un segno del destino, il santo della frazione è proprio San Giorgio “l’Ammazzadraghi“, la cui effigie compare in una statua al centro della piazza e sulla facciata dell’omonima chiesa. La Parrocchia di San Giorgio è uno dei simboli che unisce chi è rimasto a casa e chi invece emigrò, soprattutto all’iniziò del ‘900, in Argentina, Australia e Nord America alla ricerca di migliori condizioni di vita. Per questo motivo la piazza principale del paese è intitolata alla cittadina di Mar Del Plata (Argentina) dove vive una numerosa comunità di testaccesi, da sempre in contatto con il borgo natìo.
Da non perdere anche la Festa dei Pescatori & Co. che ogni anno si svolge a ridosso del Ferragosto proprio in Piazza Mar Del Plata. Buon cibo, buon vino e la chiusura con la ‘ndrezzata dei “cugini” di Buonopane.
La scritta dell’antico Comune di Testaccio e l’epigrafe di Ferdinando IV sono assolutamente da restaurare