Il 24 settembre del 1933 il Corriere d’America, storico riferimento degli italo-americani, pubblicò un articolo del giornalista foriano Luigi Patalano (padre del pittore Giuseppe “Bolivar” Patalano) che decantava la bellezza di una grotta situata tra la baia di Cartaromana e Punta San Pancrazio, lungo la costa sud-orientale dell’isola d’Ischia. Il giornale, tuttavia, pubblicò l’articolo con il titolo “La Grotta d’argento a Capri” – anziché “a Ischia” – vanificando l’intento dell’autore che l’aveva chiamato a quel modo proprio per distinguere la grotta ischitana dalla più celebre “Grotta azzurra” di Capri.
L’argento “richiamava” il luccichio dei ciottoli addensati lungo le pareti dell’anfratto e perciò, nonostante l’equivoco, il nome continuò a circolare, in aggiunta a quelli precedenti: “Grotta di Terra” – così la chiama Giuseppe D’Ascia, autore della monumentale “Storia dell’isola d’Ischia” – e “Grotta del Mago”, da una leggenda popolare secondo la quale nella grotta viveva un gigante con chioma e barba fluenti, assai munifico con i pescatori ischitani che vi trovavano rifugio in attesa che smettesse di piovere o calmasse un poco il mare.
Negli stessi anni in cui ne scriveva Luigi Patalano, la Grotta del Mago era al centro di una “querelle” tra due gruppi di studiosi: da un lato, il vulcanologo tedesco Karl Gottfried Immanuel Friedländer, autore di importanti studi sul Vesuvio e la Solfatatra di Pozzuoli, insieme al giovane archeologo Giorgio Buchner che vent’anni dopo avrebbe scoperto a San Montano (Lacco Ameno) la celebre Coppa di Nestore; dall’altro, i professori Giuseppe Platania, Mario Puglisi e Nicola Ciannelli, quest’ultimo fondatore delle Terme di Regina Isabella a Lacco Ameno. I due tedeschi che, tra l’altro, per primi si erano addentrati nella grotta scoprendo un’ulteriore cunicolo, sostenevano che l’ambiente fosse il risultato geologico dell’inesorabile processo di erosione marina; gli italiani, invece, asserivano che prima dell’ingressione marina la grotta fosse un tempio dove venivano officiati antichissimi riti pagani riconducibili ai culti solari.
La disputa ebbe eco mediatica, con articoli di giornale e opposte pubblicazioni scientifiche, a tutto vantaggio del proprietario del terreno sovrastante che pensò bene – siamo alla fine degli anni ’30 – di cavalcare l’improvvisa notorietà realizzando un ristorante-terrazza proprio sulla verticale dell’insenatura. L’investimento non ebbe però il successo atteso, complici una forte mareggiata e, soprattutto, l’inizio della seconda guerra mondiale che ebbe un effetto negativo sull’incipiente economia turistica dell’isola d’Ischia.
Oggi la storia della “Grotta del Mago”, insieme al Fungo di Lacco Ameno, La Nave e gli Scogli degli Innamorati di Forio, è entrata nella “narrazione“, non solo turistica, di Ischia. Al pari dei miti di fondazione dell’isola d’Ischia, il racconto magico svela sempre qualcosa del contesto in cui è inserito. In questo caso, del contributo positivo che proprio la dimensione fantastica può recare alla necessaria tutela dell’ambiente.
fu anche praticato un foro dal terreno soprastante per immettere luce solare nella grotta.Nel 1947 vi erano ancora tracce di questo buco..Avevo 10 anni ed andavo a caccia con mio padre alla cosiddetta “parata” dove installavano una rete verticale per quaglie.
Ma dopo la camera interna dopo il corridoio di 30 metri, c’è percaso un altro corridoio che comincia?