Verso la fine del 1855 sbarcarono a Ischia i fratelli Gaetano, Giuseppe e Antonio Sanfilippo. Venivano dalle isole Eolie, precisamente dalla piccola frazione di Leni, sull’isola di Salina ed erano arrivati nella speranza di riuscire a piazzare il loro prodotto a base di zolfo contro il mal bianco e la filossera, il fungo e l’afide che da anni distruggevano il grosso dei vitigni dell’isola più grande del Golfo di Napoli. Naturalmente bisognava che gli “ischioti” si fidassero. Ancor di più che dividessero a metà con i “liparioti” i proventi della vendita dell’uva, sempre che l’anticrittogamico avesse funzionato. Così, partendo da Forio, i tre fratelli cominciarono a prender contatti con i “vignajuoli” sparsi per i casali dell’isola.
Giuseppe D’Ascia, autore della monumentale Storia dell’isola d’Ischia (1864) ricorda la vicenda dei fratelli Sanfilippo con queste parole:
“la maggioranza de’ possidenti, quantunque poco o nulla fidenti nelle promesse de’ tre Liparoti, pure condiscero approfittarne”.
L’anno successivo, il 1856:
“Venne il tempo dell’ansia, e della speme, poiché i racemi solforati rimanevano intatti; si aspettò la maturità, e questa pur venne: l’uva solforata fu salva, contro l’impossibilità giudicata dai dotti e l’incredulità manifestata dal volgo. Gaetano, Giuseppe ed Antonio Sanfilippo faccendieri di Lipari furono i tre Salvatori che ravvivavano un fetido ed appassito Lazzaro quatriduano: sollevarono l’isola d’Ischia dalla più squallida delle miserie” (…).
Così concludendo:
“I Sanfilippo furono i benemeriti del paese. E pure gl’ischioti furono ingrati con costoro!” […]
Si spesero centinaia per feste religiose, spari, processioni, luminarie, ed ai tre fratelli Sanfilippo che (…) avevano adoperato il miracolo? – Nulla!
Essi partirono dall’isola d’Ischia più poveri di quello che erano venuti, e per soprappiù carichi di debiti contratti per lo acquisto del solfo. Ciò che fu più tremendo! N’erano venuti tre, e ne partirono due!
Il fratello Giuseppe, moriva di crepacuore nel Comune d’Ischia, poiché tutto si supporta su questa terra fuorché l’ingratitudine”.
A dieci anni di distanza alcuni abitanti del comune di Ischia vollero ricordare il triste epilogo di questi tre fratelli. All’incrocio tra Via Quercia e Via Nuova dei Conti fu eretta un’edicola votiva dedicata alla Madonna del Terzito, il cui culto è tuttora molto sentito dagli abitanti delle Eolie, soprattutto quelli emigrati all’estero. Per più di 150 anni l’edicola in questione ha rappresentato l’unico segno di perdono per il comportamento tenuto nei confronti di questi tre eroi, perchè, invece, la proposta (del 13 dicembre 1891) avanzata dal consigliere comunale Michelangelo Castaldi di intitolare una strada del comune di Forio ai fratelli Sanfilippo, pare non abbia mai avuto seguito.
Il 5 e 6 settembre 2013 l’amministrazione comunale di Ischia ha finalmente riparato il torto fatto a questi 3 fratelli, ma simbolicamente a tutta la comunità eoliana. Celebrato il gemellaggio con il piccolo comune di Leni, la memoria storica dell’Isola d’Ischia e delle Eolie è tornata a essere condivisa. Del resto i punti che accomunano le due comunità sono molti, a cominciare proprio dalla viticoltura, passando per la pesca, fino ad arrivare al presente turistico.
Onore perciò ai fratelli Gaetano, Giuseppe e Antonio Sanfilippo. Chissà che la rievocazione e il tributo della loro triste vicenda non contribuisca a rendere persone migliori tutti quelli che sono interessati a conoscerla.