Qual è il tratto distinitivo dell’isola d’Ischia? Il bene che ne descrive a pieno la sua storia evolutiva? Se dovessero farvi questa domanda non esitate a rispondere: “il Tufo Verde del Monte Epomeo”. Ovviamente, come specificato fin nel nome, per capire meglio di che si tratta bisogna guadagnare la vetta del gigante buono dell’isola d’Ischia, ma le tracce di questa pietra “preziosa” sono numerose anche a valle, specie lungo la costa: per esempio, il “Becco dell’Aquila”, gli “Scogli Innamorati” (Forio) e il “Fungo” (Lacco Ameno) sono tutti blocchi della medesima roccia vulcanica che pare debba la sua colorazione grigio-verde al contatto con l’acqua sottomarina. O, perlomeno, è questa l’ipotesi più accreditata nella comunità scientifica.
A questo proposito, sul sito dell’Osservatorio Vesuviano leggiamo che “l’eruzione, fortemente esplosiva, del Tufo Verde dell’Epomeo è responsabile della formazione di una caldera che verosimilmente occupava la zona in cui oggi si trova la parte centrale dell’isola. L’eruzione del Tufo Verde determinò la formazione di flussi piroclastici che andarono a colmare parzialmente la depressione calderica, frattanto invasa dal mare, ed a ricoprire in parte le zone allora emerse. Il Tufo Verde depositato in ambiente subacqueo è attualmente esposto al M. Epomeo e si distingue per la tipica colorazione verde dovuta al lungo contatto con l’acqua di mare“. (http://www.ov.ingv.it/ov/it/ischia/storia-eruttiva.html)
Quel che è certo, la grande quantità di tufo verde, specie nei comuni di Forio e Serrara Fontana, ha avuto implicazioni importanti sul piano sociale. In primis per l’agricoltura, giacchè i terreni tufacei tradizionalmente garantiscono un’ottima capacità drenante, e poi in edilizia per la grande quantità di terreni argillosi e pietre da taglio da utilizzare nella costruzione delle case e dei muri a secco a delimitazione delle proprietà, le famosissime “parracine“. Addirittura, in molti casi, la presenza di mega blocchi di tufo verde suggerì alle antiche maestranze ischitane di scavare direttamente al loro interno per ricavarne cantine, ricoveri per il bestiame e talvolta cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. Come la “Pietra dell’Acqua”, appunto chiamata così perchè i contadini di Serrara Fontana vi attingevano l’acqua per irrigare i campi coltivati a grano.
Quanto, invece, all’abitudine di farne ricoveri di fortuna bisogna addentrarsi nel bosco di castagni della Falanga, oppure raggiungere l’eremo di San Nicola, appena sotto la vetta dell’Epomeo. Si tratta di una delle chiese rupestri dell’isola d’Ischia, interamente scavata nel soffice tufo verde al pari delle celle destinate ad ospitare gli anacoreti che decidevano di vivere in solitudine quassù, a 789 metri sul livello del mare.
Insomma, non vi resta che indossare comode scarpe da trekking e andare alla scoperta del Monte Epomeo. Da Fontana, seguendo il sentiero recentemente mappato dal Club Alpino Italiano, da Forio proseguendo oltre il villaggio di Santa Maria al Monte, oppure da Casamicciola e Barano risalendo il vallone di Buceto, la fonte che per secoli ha garantito l’approvvigionamento idrico di Ischia Ponte. Quale che sia la scelta sarete ripagati dalla natura generosa e i mille panorami dela più grande delle isole partenopee.
Ischia Vi aspetta!!!
Grazie, interessante!