Se è vero che le iscrizioni funebri servono a costruire la memoria condivisa di chi non c’è più, allora l’epitaffio sulla tomba di Michele “Peperone” Petroni (1940 – 2011), vale come e più dei tanti ricordi e testimonianze scritte che pure gli sono stati tributati. Poche righe autografe che raccontano fino in fondo la vita e l’arte di questo pittore foriano, a detta di qualcuno erede dell’arte naif di Luigi De Angelis, il pittore-barbiere di Ischia Porto scoperto negli anni ‘30 del secolo scorso da Hans Purmann.
C’è scritto:
“Buttate un bicchiere di vino verso il cielo quella piccola aria di vento farà arrivare quell’odore nel luogo della mia pace. Seppellitemi in questo luogo di pace nella solitudine della natura che offre quel filo sottile di sole, di vento e quando ci sarà, quel fiocco di neve”.
Assieme al tema della morte che ricorre in quasi tutto il ciclo pittorico, emerge con forza la preferenza per la dimensione poetica e magica della realtà. Anche quando negli olii e negli acquerelli di Michele Petroni appare più evidente la polemica contro la dissoluzione dell’identità storica di Forio, la denuncia è sempre sarcastica, ironica, mai politica. In questo senso, l’invocazione del vino, quel “buttate un bicchiere di vino verso il cielo”, non rimanda (sol)tanto a una condizione esistenziale, ma è appunto metafora dell’identità “smarrita” di Forio e dell’isola d’Ischia, un territorio che prima dell’avvento del turismo di massa viveva delle sue vendemmie e del piccolo commercio con la terraferma. Passato di cui, nonostante tutto, è ancora però possibile sentire l’odore, almeno a detta di “Peperone“.
Michele Petroni è vissuto a cavallo di questa transizione da un’economia agricola alla modernità del turismo, subendone i cambiamenti che poi sono quelli del passaggio da una vita frugale e comunitaria, agli agi e alle distorsioni del consumismo. Soprattutto, l’affermazione di un individualismo spinto a scapito della solidarietà e la vicinanza alle persone del “villaggio“, valori che invece l’artista ostentò calorosamente per tutta la vita, quasi come un controcanto al “mainstream” dominante con la sua promessa di ricchezza e riscatto sociale.
L’altro aspetto dell’arte di Peperone è proprio la totale compenetrazione tra la sua creatività e il borgo natìo, Forio. Il “luogo della sua pace“, che per tutta la vita ha offerto all’artista ciò di cui aveva bisogno: la solitudine della natura; il sole; il vento e… la frequentazione proficua con quegli artisti di Forio che hanno segnato quasi un ventennio della vita sociale e culturale del comune più grande dell’isola d’Ischia. Frequentazione che ruotava attorno a tre luoghi simbolo: il Bar Internazionale di Maria Senese; l’antica libreria Mattera e la galleria-studio-abitazione di “Peperone” in via Filippo di Lustro, proprio all’ingresso del paese.
Oggi questi luoghi non esistono più. L’arte di Michele Petroni è però più viva che mai. Se vi va di conoscerne il genio, il Castello Aragonese ospita una permanente allestita e curata dalla sorella Clementina. Sennò, gettate un bicchiere di vino verso il cielo, chissà che l’odore non arrivi fin nel luogo della sua pace.