Uno degli aspetti che rende unica l’isola d’Ischia è l’esistenza in un territorio così poco vasto di sette diversi dialetti, anche se, con le eccezioni dei due di Forio e Serrara Fontana, per il resto è più corretto parlare di un unico dialetto con diverse inflessioni.
Senza entrare eccessivamente nei dettagli, si può dire che nel versante sud-occidentale dell’isola – quindi Forio, Serrara Fontana e in parte Barano d’Ischia – la caratteristica principale del dialetto sia il frangimento vocale, vale a dire una tipica alterazione di timbro delle vocali accentate che in Campania è presente nei comuni di Pozzuoli e Monte di Procida, nei due vesuviani di Torre del Greco e Torre Annunziata e nell’aversano, tra Napoli e Caserta.
Al contrario, il dialetto del versante settentrionale dell’isola – Ischia, Casamicciola Terme e Lacco Ameno – è assai più simile al napoletano.
L’esito di questo frangimento vocale consiste nei fenomeni fonetici, tra loro correlati, della metafonia quando il suono di una vocale assume in tutto o in parte i tratti della vocale vicina; della dittongazione ascendente quando delle due vocali all’interno di una stessa sillaba quella debole è la prima; della dittongazione discendente quando, viceversa, la vocale debole è quella in coda.
Alcuni esempi possono chiarire meglio i termini del discorso:
a) dittonghi ascendenti | ferro; giorno; | fiérrë; iuórrë; |
b) dittonghi discendenti | sera; nipote; | sèirë; sàirë; nëpótë; nëpàutë; |
Giuseppe D’Ascia (1822-1889), autore della monumentale Storia dell’isola d’Ischia (1864), attribuiva giustamente le differenze dialettali al combinato disposto di diversi fattori: occupazioni militari, colonie, alleanze, prigionie, commercio, nonché viaggi, lettere, arti e scienze. Scrive il D’Ascia:
“Se i primi coloni furono i greci, i primi dialetti furono gli attici, sopravvenero i siracusani e furono i dorici. Successero i Romani e vi portarono quelli del Lazio. Cominciò il miscuglio, delle diverse lingue, e surse l’Osca , poi detta Tosca, fin a che, nel XIII secolo le lingue ed i dialetti si stabilirono e si posarono con maggior stabilità. Ma proseguono le colonie a sbarcare in quest’isola coi sovrani Aragonesi, e vengono gli Spagnuoli, ed i Siciliani, e portano nuovi dialetti, e si sviluppano vi è più ove la carovana de’ nuovi venuti si accasa, si spande, si moltiplica, e vi resta segregata, senza ingentilirsi con l’istruzione, o col commercio, e col contatto di altri popoli.”
Per poi concludere:
[…] “il dialetto popolare del Comune d’Ischia si distacca interamente da quello del volgo del Comune di Forio, l’uno posto ad Oriente avvicinasi al dialetto Campano o Napoletano e segna una pronunziata linea di demarcazione, dall’altro di occidente che conserva le tracce della lingua volgare sui generis, la quale rimane ancora intatta nel villaggio di Panza, e va modificandosi gradatamente negli abitanti meridionali de’ Casali di Socchivo, Ciglio, Serrara, Fontana, indi si distacca vieppiù fra i contadini di Barano, Testaccio e Piejo e Campagnano, che più si accostano a quelle d’Ischia, ove han più contatto.”
Quasi un secolo dopo il poeta, scrittore, scultore Giovanni Verde (1880 – 1956) approfondirà queste differenze, sottolineando, a margine della pubblicazione postuma di un libro di poesie in vernacolare foriano dell’artista locale Giovanni Maltese (1852 – 1913), come nel frattempo – cioè tra la seconda metà dell’800 e la prima metà del ‘900 – fosse aumentata la propensione alla dittongazione discendente (éi, ài, àu) e fosse invece sopravvissuta la differenza nella pronuncia della l della doppia ll e del nesso gl tra il dialetto di Serrara Fontana, custode della doppia dd di derivazione dorica e quindi siracusana, e quello foriano che invece rende tuttora queste lettere con un suono palatale schiacciato somigliante alla gutturale gh.
figlio | fiddu (Serrara Fontana) | figghië (Forio) |
là (avverbio di luogo) | ddà (Serrara Fontana) | ghià (Forio) |
Per non dire che entrambi i dialetti riconoscono sia l’opposizione del numero (singolare/plurale) che quella del genere (maschile/femminile) con esiti mai scontati e anche linguisticamente divertenti:
cane/i | cane (sing.) | chène (plur.) |
malato/a | malète (masch.) | malate (femm.) |
Insomma se è vero che trattandosi di un’isola le differenze non vanno enfatizzate, è altrettanto vero che i diversi dialetti ci restituiscono in qualche modo anche le diversità sociali e di status tra il versante settentrionale e quello meridionale dell’isola. Diversità storicamente riconducibili alla frequenza degli scambi commerciali, e non solo, con la terraferma, prima naturalmente che il turismo si imponesse come unica risorsa economica, mitigando di conseguenza le differenze culturali e linguistiche senza per questo annullarle del tutto.
Come si pronuncia il nome dell’isola: Iskia o Iškia