Svegliarsi all’alba e ritirarsi al tramonto; dar da mangiare agli animali; occuparsi della manutenzione del pozzo; “zappoliare” periodicamente il terreno e fare la “potarella” alle viti. Queste sono solo alcune delle occupazioni dei contadini dell’isola d’Ischia. Attività che, del resto, scandiscono le vite dei contadini in ogni parte del mondo, ma che nel Sud Italia, a Ischia in particolar modo, “possiedono un fascino davvero inseparabile dal paesaggio“, come sottolineato oltre un secolo fa da Sybil Fitzgerald, colta viaggiatrice americana in vacanza sull’isola d’Ischia:
“La vita del contadino sembra una cosa abbastanza semplice in tutto il mondo; ma nel Sud possiede un fascino davvero inseparabile dal paesaggio. […] Essi sono, per così dire, impregnati della luce e del calore del sole. I loro capelli sono tinti dal sole; i colli non coperti delle donne sono arsi a color ciliegia; i loro occhi sono neri come la notte. […] a Sud nella luce continua del sole il contadino si adatta alla terra con una semplicità che fa le loro vite simili alla crescita delle piante meridionali che maturano rapidamente, compiono il loro ciclo e muoiono“. (Augustine e Sybil Fitzgerald, Ischia e Capri, Imagaenaria, 2008)
Certo, le cose a Ischia sono molto cambiate da allora, ma non l’armonia tra il contadino e la terra. Quella è rimasta uguale, come chiunque può osservare visitando la bellissima “siena” di Via Funno della famiglia Coppa a Forio, o la cantina della famiglia Mattera a Serrara Fontana. Andare a trovare queste persone è solo uno dei modi per rivivere la suggestione di Sybil Fitzgerald. Un altro è fare attenzione ai tanti “segni” rimasti della precedente vocazione agricola dell’isola d’Ischia. Di seguito, i borghi in cui ancora numerose sono le tracce dell’identità rurale dell’isola più grande del Golfo di Napoli.
Campagnano
“Vicus Campagnani” per secoli è stato il fondo agricolo dei ricchi possidenti di Ischia Ponte, il villaggio dove le famiglie più in vista dell’antico “borgo di Celsa” avevano costruito i loro poderi, compresi gli alloggi dei coloni impegnati quotidianamente nei campi. Quei coloni che al termine della giornata di lavoro erano soliti ritrovarsi davanti la bella chiesa dell’Annunziata, come ci riferisce lo storico locale Giuseppe D’Ascia (1822-1889) nella monumentale “Storia dell’isola d’Ischia” (1867):
“Quivi i vecchi contadini, le graziose forosette, e le brune villanelle nell’ora del tramonto dei dì festivi, vanno a raccogliersi e salutare la Nostra Signora con armoniose cantilene.
Quivi la pace dello spirito, ed il disprezzo degli umani fasti, si mescolano in quelle poste di rosario che va cantato in coro fra quei rustici abitanti del villaggio.
Quivi nelle sere dei sabbati di Primavera, le giovinette del villaggio accorrono ad offrire alla Madonna i loro mazzolini di viole selvagge e gelsomini campestri, mescolati alle ciocche di bionde fiorite ginestre; purissimi fiori non profanati dall’alito del cortigiano, e dal sospiro dell’adulatrice, raccolti su i poggi incantati, sulle amene colline, e su i margini dei prati di quelle campagne
Per saperne di più:
Campagnano, il borgo incantato tra terra e mare |
Ischia e l’incanto di Piano Liguori |
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Buonopane
E mentre i contadini di Campagnano si dilettavano nel canto davanti la chiesa dell’Annunziata, quelli di Buonopane discutevano delle fasi lunari nell’atrio spazioso della Chiesa di San Giovanni Battista. È sempre D’Ascia a descrivere con dovizia di particolari i pochi momenti di svago dei contadini dell’isola d’Ischia:
“Avanti la chiesa vi è un atrio spazioso, e molto arieggiato, ove i naturali si radunano nei dì festivi, e mentre i maturi padri si trattengono a discorrere delle fasi della luna, e fanno i loro prognostici sulle future raccolte, e sui correnti prezzi de’ vini e delle mele; i giovani discorrono di caccia, le forosette di amori, e le attempate madri del prezzo della canape, del lino, e delle tele, e dell’occupazione dei loro telai, della poca puntualità delle loro committenti, mezzane, o compratrici“.
Del resto, Buonopane, o “Moropano“come si dice in dialetto, è meta irrinunciabile per chi vuole approfondire il “genius loci” di Ischia, quell’insieme di caratteristiche storiche, culturali e ambientali che alimentano il racconto e la fama dell’isola più bella del Golfo di Napoli. Soprattutto, perchè è in questa frazione di Barano che ha avuto origine e si svolge, due volte l’anno, il bellissimo ballo della ‘ndrezzata.
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Buonopane, tra natura e cultura |
La ‘ndrezzata di Buonopane |
I sentieri di Barano: da Fiaiano fino a Buonopane |
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Fontana
Salendo da Buonopane incontriamo Fontana, una delle due frazioni (l’altra è Serrara) che compongono il comune omonimo di Serrara Fontana. Siamo nel cuore di “Merecoppe” la parte alta dell’isola dove più numerosi sono i “segni” della civiltà contadina di Ischia. Basta osservare il paesaggio, le case, gli orti domestici per rendersi conto che quassù, diversamente dal resto dell’isola, il turismo non ha ancora imposto del tutto i suoi ritmi. Ritmi che continuano a essere scanditi dall’alternarsi delle stagioni in funzione del lavoro dei campi.
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Fontana, il paese alle pendici del Monte Epomeo |
La Casa Museo di Serrara Fontana |
Alla scoperta di Merecoppe, la parte alta dell’isola d’Ischia |
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Panza
E poi c’è Panza, il cuore della viticoltura ischitana,la località dove tuttora vengono prodotti i vini di maggior pregio dell’isola d’Ischia, da decenni inseriti nei circuiti DOP e IGT. Il “combinato disposto” del sole più la fertilità del suolo vulcanico ha reso la località celebre per i suoi vini, tanto che sulla scia di questa fama è nata “Andar per Cantine” rassegna storico-culturale organizzata dalla Pro Loco di Panza che anno dopo anno riscuote sempre maggior successo di critica e pubblico.
Per saperne di più:
Panza, il cuore della viticoltura ischitana |
Andar per cantine: Ischia e le sue radici contadine |
Ischia Vi aspetta!!!