La premessa indispensabile è che senza il trattato di idrologia medica sulle acque dell’isola d’Ischia ad opera del medico calabrese Giulio Iasolino, Ischia avrebbe ritardato, e di molto, il suo ingresso nella modernità. Infatti, il merito principale del “De’ rimedii naturali che sono nell’isola di Pithecusa hoggi detta Ischia” sta proprio nell’aver liberato l’utilizzo delle tante sorgenti d’acqua che si incontravano in giro per l’isola da quelll’alone di superstizione che ne aveva condizionato per milllenni (non solo a Ischia, in verità) l’utilizzo.
Per capire meglio quello che si va dicendo è sicuramente utile leggere quanto Iasolino scriveva a proposito della fonte di Buceto e della sua fondamentale importanza:
“Ischia produce il suo campo grano perfettissimo, vini potenti, ed è abbondantissima di erbaggi, che producono gli orti: gli abitatori dell’isola abitano per le ville, ed è il suo sito per lo più aspro e montuoso. Sorge in lei uno altissimo monte, e quasi nella maggior sua altezza scaturisce un fonte chiamato Abuceto, che è nome anco dell’istesso monte, per quel che si crede, così chiamato dalla moltitudine degli uccelli, però che il resto dell’isola ha grandissima carestia di acque fresche“[…].
“Però che il resto dell’isola ha una grandissima carestia di acque fresche“. Siamo nel XVI secolo e Iasolino evidenziava la carenza di acque fresche, non termali, da bere, per irrigare i campi, in altre parole per vivere. Certo, c’erano altre fonti a cui era possibile attingere, come l’Olmitello, Nitrodi (entrambe a Barano d’Ischia), la Pera (Casamicciola Terme), Piellero (Forio), ma era a Buceto, molto più che altrove in giro per l’isola, che c’era acqua a sufficienza per soddisfare il fabbisogno dell’epoca.
Lo sapevano benissimo gli abitanti del Borgo di Celsa, l’antico nome di Ischia Ponte, che dopo la scomparsa della sorgente di Cartaromana, reclamarono per anni alle autorità del Regno di Napoli (a quel tempo c’erano gli Aragonesi) un’opera civile in grado di incanalare le acque della sorgente di Buceto fino a quello che allora era, economicamente e dal punto di vista culturale, il casale più importante dell’isola d’Ischia.
La ottennero secoli dopo, per la precisione nel 1759, grazie all’intervento risolutore della Diocesi di Ischia e, in particolar modo, del Vescovo Mons.Girolamo Rocca, il presule che più di tutti si era dato da fare per la realizzazione di quello che oggi viene chiamato l’Acquedotto dei Pilastri, al confine dei due comuni di Ischia e Barano. Un’opera che erroneamente ancora oggi in molti fanno risalire addirittura all’epoca romana, quando invece è un’importante testimonianza del livello di conoscenza dell’ingegneria idraulica nei secoli XVII e XVIIIesimo.
Nel frattempo, anche oggi che con l’Acquedotto Campano l’isola d’Ischia ha pressoché risolto il grave problema di approvigionamento idrico, la fonte di Buceto sta ancora lì, a più di 400 metri sul livello del mare, sulla sommità dell’omonimo monte nel versante nord orientale dell’isola d’Ischia. Conviene andarci per una bella escursione imboccando un sentiero che, venendo da Fiaiano, si trova sulla sinistra poco dopo un grande maneggio nel cuore della collina del Cretaio (sulla dx prima del ranch provenendo invece da Casamicciola).
Se invece il fine è anche oggi, come quasi 300 anni fa, quello di fare rifornimento d’acqua potabile, evitando in questo modo di pagare quello che è il bene comune per eccellenza, allora molto più comodamente conviene recarsi presso una comoda fontana a lato di Via Duca Degli Abruzzi, una tranquilla strada residenziale che collega Barano d’Ischia a Casamicciola Terme. Lì avendo premura di non sporcare o rompere il rubinetto della fontana, potrete fare incetta di un’acqua, quella di Buceto, dalle importanti proprietà diuretiche e, soprattutto, l’ennesima meraviglia dell’isola più grande del Golfo di Napoli.