“Lasciando in dietro Forio, e proseguendo per circa un chilometro e mezzo il cammino della costa dal N. al S. s’incontra, prima di giungere al capo Imperatore un angusto piano sabbioso. Ivi lungo il lido sorge un’acqua che porta il nome di Citara, e che ridotta in conserva, larga sei piedi quadri ed otto profonda, si fa passare ad alcuni bagni in un edifizio laterale alla vasca. Quest’acqua fu assai celebre nei tempi antichi, e vuossi detta di Citara da un tempio quivi sacro a Venere citerea. […] È limpida quest’acqua senza odore e molto salata. […] Quest’acqua è aperitiva e corroborante; ma la sua virtù migliore, come risulta da annuali esperienze, si manifesta contro la sterilità, la quale dipende da debolezze, o da incipiente ostruzione dell’utero e delle trombe senza esservi alcun vizio organico. Si adopera in bevande, a docce, a bagni, a lozioni“.
Chi scrive è Giuseppe D’Ascia autore, nel 1864, della monumentale “Storia dell’Isola d’Ischia”. A quel tempo non c’erano ancora i Giardini Poseidon (c’è voluto un altro secolo, i lavori del Parco sono cominciati nei primi anni ’60 del ‘900) e perciò l’acqua termale di Citara veniva canalizzata in una vasca e, da lì, in un altro piccolo edificio dove veniva effettuata la balneoterapia.
L’uso era molteplice: “in bevande, a docce, a bagni, a lozioni“, corroborante per diverse patologie reumatiche e dermatologiche ma, soprattutto, per la cura dei cosidetti casi di sterilità secondaria. – “Senza esservi alcun vizio organico” – come ha premura di specificare lo storico locale.
Lo spaccato del D’Ascia è interessante anche perché introduce un altro antropomorfismo che, insieme a quello di Tifeo, spiega l’instabilità sismica e vulcanica dell’isola d’Ischia. Se i tremori del gigante che giace sotto l’isola sono la spiegazione mitologica per i frequenti terremoti, le lacrime di Venere, prostrata per la morte dell’amato Adone, sono la fonte da cui scaturisce la sorgente di Citara:
“Scorrete, lacrime, segni evidenti di un triste lutto! Così conviene celebrare e dare onore al giovanetto. Così il dolore bruci i cuori. Né minor vena si sparga da perenne fonte e attesti eterno amore al cenere. Occhi miei, versate eterne lacrime che la terra poi restituirà nuovamente, dopo averle assorbite, come il fiume Meandro che dopo tortuoso giro fa ritorno alle sue sorgenti”.
Perciò dire di Citara che è un posto “mitico” non è una forzatura. L’aggettivo vale per la leggenda di Venere Citarea (e pure per quella della “Nave“), ma va egualmente bene per descrivere la bellezza della spiaggia, del Parco Termale dei Poseidon e in generale dell’intera baia protetta dalla collina di Punta Imperatore.
Un posto bellissimo, riparato dai venti più insidiosi e con un’esposizione fantastica che consente di rimanere in spiaggia fino a sera tarda (celebri i tramonti di Citara). Diversi i lidi privati, cui si alternano tratti più piccoli di spiaggia libera. Numerosi anche i bar e i ristoranti, tanto sulla spiaggia che in piazzetta e lungo la strada.
Non solo. La località è ben servita dai bus di linea CS (circolare sinistra), 2, 21, 22 ed è facilmente raggiungible anche in auto, in moto o scooter. Dal porto di Forio, seguendo il lungomare Giovanni Mazzella, dista poco più di 2 km.
Insomma, Citara merita senz’altro una visita. Venere e Poseidone son lì che aspettano e non sta bene deludere gli Dei. Loro non lo faranno.
Magia dell’isola d’Ischia!!!