Sono molti, moltissimi, i simboli delle antiche origini marinare del popolo procidano: dalla Corricella, la marina più antica dell’isola, alla Chiaolella, passando per Marina Grande (o “Marina di Sent’ Co” da “Santo Cattolico”), senza naturalmente dimenticare lo storico Istituto Nautico “F. Caracciolo”. Più di tutto, però, conviene affidarsi alla chiese: è negli edifici sacri, infatti, che è custodito il “genius loci” dell’isola, quell’insieme inestricabile di storia, cultura, arte, tradizioni che definisce l’identità del territorio.
Nel caso di Procida, una su tutte le altre: la Chiesa Santa Maria della Pietà e San Giovanni Battista. Delimitata da un ampio sagrato, palcoscenico, specie nei mesi estivi (ma non solo), di quasi tutte le manifestazioni folcloristiche che si svolgono sull’isola, questa chiesa risale alla prima metà del ‘600 e si trova praticamente al centro della “Marina di Sent’Co”, l’agglomerato urbano a ridosso del porto principale dell’isola.
La genesi dell’edificio ricalca per molti aspetti quella delle chiese ischitane di Santa Maria di Loreto (Forio) e Collegiata dello Spirito Santo (Ischia Ponte). Tutto nacque, infatti, dalla richiesta di poter fondare una cappella al centro della Marina di “Sancio Cattolico”. Richiesta inoltrata nel 1616 all’allora vicerè di Napoli Pietro Giron, Duca di Ossuna, da parte dei proprietari di barche e feluche superiori alle 3 tonnellate.
Come nel caso delle chiese ischitane su citate, alla domanda di erigere un tempio se ne accompagnava un’altra ben più importante: il permesso a creare un’associazione di mutuo soccorso per tutti gli armatori di barche e vascelli di Procida, attraverso la corresponsione di una parte dei guadagni ottenuti. Una forma di welfare ante litteram per consentire l’accumulo di medicine, elemosine e doti per tutti i marinai, in particolare quelli più poveri.
All’interno dell’edificio, l’impronta marinara è ben visibile. Innanzitutto, per via degli ex voto che ornano l’altare maggiore: un timone, un ancora e due velieri che raccontano meglio di tante parole la vocazione della piccola “isola di Arturo”. Poi, c’è una tela raffigurante San Michele Arcangelo, patrono di Procida e del piccolo borgo marinaro di Sant’Angelo, nella vicina isola d’Ischia. Evidentemente, i pescatori delle isole del Goflo di Napoli avevano – e hanno – bisogno di una protezione così “illustre” per sconfiggere le paure ancestrali legate a un elemento potenzialmente ostile come l’acqua.
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In generale, però, la chiesa è piena di simboli devozionali: una statua in legno di San Giovanni Battista, patrono della comunità parrocchiale; una, in cartapesta, raffigurante San Nicola di Bari; una tela a olio con la Madonna del Carmine; altri dipinti di Santa Lucia, Sant’Antonio da Padova e la Madonna delle Grazie, senza scordare un quadro dell'”immancabile” San Pio da Pietrelcina. Molto bello anche l’organo, maestoso, sopra il portale d’ingresso, come pure ricercati sono gli stucchi e le decorazioni che ornano il soffitto dell’edificio.
Insomma, la Chiesa Santa Maria della Pietà e San Giovanni Battista è la prima cartolina che accoglie i turisti sbarcati a Procida. Visitarla è il modo migliore per familiarizzare con l’origine marinara di quest’isola, vicinissima eppure diversissima dalla sorella maggiore, Ischia. Provare per credere!
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